Programma della giornata:
ore 9:30 accoglienza della famiglia Zarigno con caffè, dolci e tanto altro….
Ore 9:45 Lodi guidate dalla famiglia Di Pietrantonio
Ore 10:30 P. Giovanni Stefanelli fornisce alcune indicazioni metodologiche da seguire personalmente, necessarie per questo primo incontro: 2-3 minuti di controllo del respiro, scelta del luogo (dentro l’istituto, fuori, in cappella, in ambiente luminoso e più in penombra), approccio alla lettura, ossia chiedere allo Spirito Santo la luce per entrare in relazione con il Signore e poi approcciarsi al brano di Matteo 9, 35-38 oppure scegliere Luca parallelo.
Quando si legge il Vangelo c’è la cosiddetta “composizione di luogo”: la memoria, l’intelletto e la volontà entrano in gioco nella relazione col Signore. Praticamente immagino di essere un personaggio del brano (persone, oggetti, animale…). Immagino contestualizzando: il Signore ci parla attraverso immagini non concetti e quell’immagine o parola suscita attenzione su quello su cui si deve sostare. Quello che immagino deve corrispondere al brano, mi devo adattare al brano. Poi cosa chiedo? Cosa voglio? In relazione al brano? Chiederò ciò che mi suggerisce il testo: mi metterò dalla parte di Gesù. Come mi vede? Mi vede da figlio, perciò non mi giudica, mi giustifica, non sono reietto ai suoi occhi. Cosa voglio? Chiederò ciò che mi dice il brano. Se ci sono resistenze in me, non le ostacolo, perché il Signore fa un’azione di guarigione attraverso quell’ostacolo. Lasciamo che il Signore dialoghi con noi. Non bisogna fare un proprio monologo Bisogna lasciare che la parola ci tocchi attraverso la nostra sensibilità interna. Ci dobbiamo lasciare educare dal testo (invito del buon P. Ciro). Per esempio se reagisco negativamente ad un’esperienza, cosa ci guadagno? Come mi sento dopo? Ripenso all’esperienza e sento un grande vuoto e quindi capisco di aver sbagliato adottando quell’atteggiamento. Esercito allora la riflessione su ciò che produce dentro quel determinato atteggiamento. Quando ammettiamo dentro di noi quella determinata reazione, acquistiamo spazi di libertà. Di fronte ad un istinto che esce, devo usare un criterio di discernimento che è Gesù.
Alla fine quando raccolgo il frutto della meditazione, ringrazio Gesù che mi dice cosa desidera da me e lo devo mettere in pratica. Devo mettere in pratica ciò che ho ascoltato. Bisogna affinare la capacità di ascolto per poter generare alla vita.
Alle ore 11:00 terminano le indicazioni metodologiche e alle ore 11:15 inizia l’esperienza personale sulla base di un versetto scelto liberamente. Si fa una prova generale per sperimentare la nostra capacità di riflessione, mettendo in pratica le indicazioni. Alle ore 11:30 si passa ad analizzare Matteo 9, 35-38. Questo brano fa da cerniera tra ciò che dice e fa Gesù e ciò che dicono e fanno i discepoli.
L’intenzione dell’evangelista è di sottolineare la potenza di Cristo con i dieci miracoli, rispetto a ciò che fanno i discepoli. Al centro di questa azione c’è la MISSIONE verso le folle: Gesù insegna , cura….. Ciò fa capire che il vero discepolo è MANDATO dal Signore ed è ottenuto dalla forza della PREGHIERA e poi prova COMPASSIONE per la scarsità degli OPERAI. Gesù chiama a sé gli apostoli. La chiamata degli operai è in relazione alla preghiera. Anche Annibale pensa di agire da laico ma poi si sente chiamato. Il vero discepolo dice e fa ciò che dice e fa il MAESTRO. Più mi sento FIGLIO e più faccio esperienza di DIO PADRE: quando realizzo veramente la mia identità? Quando sono FIGLIO. Più sono figlio, più mi relaziono al Padre e più non mi sento solo, ma riconosco di avere FRATELLI. La nostra vocazione è ASSUMERE GLI STESSI LINEAMENTI DI GESù. E’ un cammino, un combattimento, acquistando porzioni di LIBERTà, acquistando conoscenza del Padre.
Dopo questa prolusione di p. Giovanni è iniziata l’esegesi del cap. 9, vv. 35-38. Ci siamo soffermati su alcune parole e verbi del brano. Gesù PERCORREVA: c’è l’idea del muoversi, l’uomo è itinerante, va avanti perché ha un futuro, ognuno di noi ha una meta nella vita chè è Dio. Abbiamo anche una nostra MISURA, una nostra PIENEZZA, che è stabilita da Dio. INSEGNAVA …….GUARIVA. La nostra malattia non è fisica, bensì è la difficoltà di relazione: “ folle stanche e sfinite” significa che hanno difficoltà a relazionarsi da figli col Padre. Dobbiamo mettere in pratica la nostra figliolanza che è già matura in noi, che ci è stata donata da Dio. COMPASSIONE: è la sorgente della MISSIONE, significa “simpatia”, cioè sentire il male dell’altro nelle “viscere”. Così si entra nella logica della missione. E’ la forza affettiva che ti spinge verso l’altro. Nella misura in cui mi sento FIGLIO faccio l’esperienza della COMPASSIONE. Entrare nella relazione della figliolanza per fare esperienza di Misericordia e Compassione. Il nemico invece ci fa credere di non essere figli, ci fa sentire soli e pecore senza pastore. MESSE: è grande, cioè è matura, significa che siamo già figli attraverso Gesù: dobbiamo solo mettere in pratica la nostra figliolanza. In questo abbandono di figli sperimentiamo la misericordia di Dio. Il figlio è sempre bisognoso del Padre/Madre. Gli OPERAI sono pochi: perché non preghiamo, cioè non viviamo da figli, non sperimentiamo la maturità di Cristo in noi. Sono collaboratori di Dio, cioè fanno lo stesso lavoro di Dio, le stesse cose. I veri discepoli sono coloro che ascoltano e fanno ciò che dice e fa Gesù.
Ci sentiamo figli? Sperimentiamo la figliolanza? Riconosciamo la nostra misura?
La riflessione si è interrotta per il pranzo ed è stata ripresa alle ore 15:15 con una condivisione.
Alle ore 16:30 si è celebrata la Santa Messa e alla fine ci siamo salutati.
Arrivederci al prossimo incontro di novembre!
Sempre uniti nel Rogate!!!