La semina del mattino
466. «Per mezzo di Lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli» (Rom 1,5).
Nell’inverno del 57/58 da Corinto, in partenza per Gerusalemme, Paolo scrive agli abitanti di Roma. Qui era viva ed operante una comunità cristiana. Aveva avuto notizie di essa da Aquila e Priscilla. L’importanza di questa comunità è testimoniata anche dalla lunghezza stessa dello scritto, 16 capitoli. Scopo della lettera, solenne ed espositiva, era quello di preannunziare la sua venuta e di preparare ad essa i cristiani. Lo scritto è di una ricchezza straordinaria perché tocca quasi tutti i temi della teologia del Nuovo Testamento. Nell’indirizzo di saluto Paolo si definisce apostolo, un termine di origine giudaica che significa “mandato”, applicato sia a quelli direttamente chiamati e costituiti tali da Gesù, che in senso più largo ai missionari del Vangelo. Paolo fa eccezione perché è stato dotato da Dio di un carisma superlativo nonostante non sia stato cooptato nel gruppo dei Dodici, ma chiamato direttamente da Gesù Cristo sulla via di Damasco e destinato ad una missione universale a cominciare dai cosiddetti “gentili” con il Vangelo comunicato da Dio. Il suo è un atto di culto a Dio. Col Battesimo, diventando cristiani, incorporati in Cristo Re, Sacerdote e Profeta, anche a noi è stato dato il compito di annunciare al mondo le meraviglie del Signore. Si tratta di una vocazione che impegna a vivere e testimoniare la grandezza dell’amore di Dio e la necessità di trasmettere nella verità e carità il Vangelo, con la potenza dello Spirito e la naturale debolezza umana vittima del peccato. P. Angelo Sardone