La semina del mattino
661. Sabato di Pasqua.
«Proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome» (At 4,18). Fu questa l’affrettata ed inconcludente decisione presa ed imposta a Pietro e Giovanni dai giudici del Sinedrio a seguito della constatazione ineccepibile che del miracolo, era presente in piedi colui che ne era stato beneficiato un uomo di più di quarant’anni, ed ancor più dal fatto che l’avvenimento era immediatamente divenuto di dominio pubblico. Si illudevano pensando di farla franca e di essere stati convincenti con i mezzi coercitivi. Non si sarebbero mai aspettati una replica puntuale e sagace da parte dei due che essi ritenevano senza istruzione e popolani, e che invece con ulteriore franchezza avevano loro detto che non si poteva obbedire a loro invece che a Dio, dal momento che le cose le avevano ascoltate e viste direttamente da Lui. Non potendo fare altro i giudici, trovandosi in grave in difficoltà, si limitarono a minacciarli ancora una volta e a doverli rilasciare per non fare i conti e perderli col popolo che glorificava Dio per l’accaduto. Oggi come ieri si tenta di imbavagliare la verità e di impedire il suo propagarsi a causa di scelte personalistiche e per lo più egoistiche, volendo negare l’evidenza, soprattutto in questioni che riguardano la fede e la moralità. Non tutti i cristiani, a cominciare dai preti, hanno e mostrano però la stessa franchezza dei due Apostoli per salvaguardare la verità e la coerenza di una fede seria e matura, sia perché a volte non ne sono convinti, sia anche perché il più delle volte hanno paura. Non così i “veri” martiri, incuranti e lontani dai “like, mi piace” dei social e dagli applausi di poca durata dei propri evanescenti ammiratori. P. Angelo Sardone