La semina del mattino
1296. «Benedetto il Signore mia roccia!» (Sal 144,1).
In questa esclamazione di gioia e di fede che accompagna la liturgia eucaristica odierna, si inquadra la vita e l’opera del santo eremita ed abate Antonio, padre del monachesimo, uno dei più longevi tra i Santi, 106 anni di vita! Egiziano di nascita quando aveva 20 anni, provato anche dal dolore della perdita dei genitori e tutore della sua sorella più piccola, abbandonò tutto per vivere in solitudine sulle rive del Mar Rosso. Il rapporto intimo con Dio, la vita di preghiera e di mortificazione si tramutarono in fama: accorrevano a lui da ogni parte per consigli. Li dispensava con gratuità e coerenza, anche quando fu costretto a lasciare il romitaggio per confortare ed esortare i cristiani. Fu Atanasio, un suo discepolo a far conoscere al mondo l’identità del santo taumaturgo raccontandone la biografia. L’ascolto attento della Parola del Signore, la lotta contro le tentazioni, l’accoglienza di tutti coloro che desideravano menare una vita più spirituale, specificarono la sua esistenza e, per tanti seguaci, l’invito ad imitarlo nel suo stile di vita nei monasteri che sorgevano. La sua sapienza è testimoniata dalla raccolta di 120 detti e 20 lettere, in una delle quali invitava a «chiedere con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato». Questo è anche il motivo per il quale nella iconografia è rappresentato con una fiamma di fuoco che evoca l’herpes zoster, detto volgarmente «fuoco di sant’Antonio» che provoca bruciore e fastidi, con un maialino ai piedi ed un bastone a forma di una «T», il tao, ultima lettera dell’alfabeto ebraico che richiama la fine di ogni cosa. È invocato come patrono della stalla e di tutti gli animali domestici ai quali nella giornata odierna è riservata una particolare benedizione. Auguri a tutti coloro che portano il suo nome. P. Angelo Sardone