La semina del mattino
1305. «Timoteo e Tito furono partecipi del carisma degli apostoli» (Antifona d’ingresso Messa propria).
Nella giornata seguente alla festa della Conversione di S. Paolo, la liturgia celebra la memoria dei santi Timoteo e Tito, discepoli e stretti suoi collaboratori nella predicazione apostolica e nell’amorosa dedizione nella custodia della fede. Per entrambi l’Apostolo delle genti spende significative parole di elogio dense di tenerezza e nostalgia definendoli «suoi veri figli». Di entrambi esalta la fede, soprattutto quella schietta ereditata da Timoteo dalla mamma giudea Eunìce e dalla nonna Lòide, attraverso la conoscenza delle Scritture. Egli, infatti, fu missionario insieme con Paolo in luoghi diversi e particolarmente a Corinto nella delicata evangelizzazione di quella città e divenne vescovo di Efeso. Di Tito, proveniente da una famiglia greca pagana e poi convertito da Paolo, viene riconosciuta la capacità organizzativa, essendo stato lasciato a Creta come vescovo, per mettere ordine in quello che rimaneva da fare e stabilire alcuni presbìteri in ogni città, secondo le istruzioni ricevute. A Timoteo raccomanda di ravvivare il dono ricevuto da Dio, mediante l’imposizione delle sue mani. La Tradizione attribuisce a Paolo la redazione di due lettere inviate a Timoteo e una a Tito, dette comunemente «lettere pastorali» che riportano interessanti indicazioni, annotazioni organizzative e teologiche per le prime comunità cristiane. Nel servizio pastorale e nella ministerialità nella Chiesa è importante la presenza e l’opera di persone fidate direttamente connesse con l’evangelizzatore, testimoni credibili di fede matura, perché l’organizzazione e la vita cristiana delle comunità segua i principi del Vangelo e gli insegnamenti del Magistero. P. Angelo Sardone