La semina del mattino
1383. «Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,4).
La comunità cristiana di Gerusalemme cresceva a dismisura. Ormai si confondevano lingue, provenienze diverse, usi e costumi differenti. La metropoli di allora si colorava del Cristianesimo che pian piano si imponeva nella organizzazione non solo religiosa ma anche sociale. Aumentando le presenze ed ingrandendosi il numero dei seguaci di Cristo, cominciarono a determinarsi anche le esigenze legate alle differenze sociali di usi, costumi e bisogni. Perché non si generassero difficoltà relazionali e perché gli Apostoli non fossero distolti dal loro compito principale che era la preghiera ed il servizio della Parola, furono loro stessi a proporre di indicare sette uomini di buona fama, pieni di spirito e sapienza, per prendersi cura del servizio delle mense. Nascono così i diaconi, anche se l’evangelista Luca non li definisce tali, ma si collegano col servizio che nella lingua greca si dice «diaconìa». Il loro numero era 7, comune nei presidi amministrativi e negli organi di governo. Dai nomi si riscontrano etnie diverse sia locali che provenienti dal mondo ellenistico. Il loro ufficio, costituitosi poi come primo grado dell’Ordine Sacro, non corrisponde del tutto a come oggi è inteso nei diaconi sia permanenti che transeunti per il sacerdozio. Il servizio degli Apostoli viene codificato invece come dedizione piena alla preghiera ed al servizio della Parola. È importante questa distinzione che ieri, come oggi, libera vescovi e sacerdoti, dall’assillo talora oppressivo delle cose materiali, delegate a chi di dovere, per potersi dedicare invece al Ministero della predicazione, dell’ascolto, della amministrazione dei Sacramenti e della guida delle anime. P. Angelo Sardone