La semina del mattino
1408. «Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,23).
Spaventati per il fatto che si trattava di cittadini romani, i magistrati di Filippi presentarono le loro scuse e pregarono Paolo e Sila di allontanarsi dalla città. I due missionari si rimisero sulla strada, giunsero a Tessalonica, e predicarono nella locale sinagoga dove ottennero conversioni tra i giudei ed alcuni pagani. Un’improvvisa sommossa causata dall’invidia dei Giudei li costrinse nottetempo a scappare a Berea facendo circa 65 km ed anche qui dagli stessi Giudei provenienti da Tessalonica furono fortemente perseguitati. Paolo venne accompagnato da alcuni fidati ad Atene, centro della cultura antica, ma anche città idolatra e curiosa. Aveva appena 5000 abitanti ma con i suoi templi e monumenti ricordava gli agi culturali ed artistici del passato. È l’unica città nella quale Paolo non subisce vessazioni e parla fuori la sinagoga. Si avvicinarono a lui anche filosofi epicurei e stoici. Venne però ritenuto un «seminatore di chiacchiere». Condotto nell’areopago, che era l’organo reggente della città ed anche tribunale, cominciò a parlare dicendo di voler presentare loro il dio che adoravano pur senza conoscerlo e del quale c’era memoria su un altare che aveva visto dedicato al dio ignoto. Il tasto della risurrezione appena toccato gli procurò però l’allontanamento degli ascoltatori. Non sempre la presentazione magari anche dotta e bene articolata verso chi ascolta ha effetto, quando si comunica una verità che è la base della fede. Nell’attuale società scristianizzata va ribadita con fermezza quella della risurrezione di Cristo che richiede di cercare e pensare alle cose di lassù. P. Angelo Sardone