La semina del mattino
1026. «Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni» (At 2,32).
La risurrezione di Cristo rimane un mistero che soltanto la fede può accettare e proclamare. Lo fu già a poche ore dal suo compimento e divenne più controverso man mano che la notizia si diffondeva a Gerusalemme e faceva proseliti nella nuova via che cominciò a chiamarsi «cristianesimo». Le teorie della favola inventata dai Giudei per schernirsi dinanzi a Pilato ed al popolo non reggevano. Le prove inconfutabili erano là sotto gli occhi di tutti: tomba aperta, enorme sasso smosso, bende e sudario ai lati della pietra sulla quale era stato deposto il corpo. Ma poi, ancor più, il segno inequivocabile furono le apparizioni del Risorto a più riprese ed a più persone, da Maria Maddalena, agli Apostoli, a Pietro, ai discepoli diretti ad Emmaus, a più di cinquecento persone. S. Paolo nella trasmissione del kerigma, traccerà una sintesi affermando finanche che se tutto fosse falso anche la fede sarebbe vana (1Cor 15,3-8.17). La predicazione degli Apostoli attesterà continuamente l’evento e diverrà un coraggioso atto di accusa ai crocifissori che prima di essere i Romani, erano stati proprio i capi religiosi e civili degli Ebrei. La fede cristiana parte proprio da questa sintesi: Gesù Cristo è morto e risorto! La croce con il corpo esanime di Gesù ricorda la morte; il segno della croce, distintivo del cristiano, e la stessa croce spoglia del corpo è il sinonimo della risurrezione. Come gli Apostoli, i cristiani di ogni tempo sono chiamati a dare testimonianza di questa realtà, perché credendo abbiamo la vita. (Gv 20,31). P. Angelo Sardone