La semina del mattino
1306. «Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il Signore!».
Natan rispose: il Signore ha rimosso il tuo peccato: tu non morirai» (2Sam 12,13). La storia del grande re Davide si macchia di un peccato ingente. Il suo potere, la sua passione gli fanno compiere un atroce delitto che si specifica in due atti: l’usurpazione di Betsabea, moglie di Uria l’Ittita e la morte di quest’ultimo per toglierlo di mezzo dalla nuova ingombrante situazione. Bastò un pomeriggio d’estate, la scoperta dall’alto di una bellissima donna mentre si faceva il bagno, a fare scattare nella mente e nel corpo di Davide una passione dominante che gli accecò la mente e lo indusse a propositi insani. Avendola resa moglie giacendo con lei, era necessario che si sbarazzasse del marito onde giustificare la nuova situazione matrimoniale. È così avvenne. Messo nelle avanguardie più pericolose dell’esercito, Uria fu colpito a morte. Il Signore che non sta semplicemente a guardare, attraverso il profeta Natan rimproverò il re con un racconto verosimile che richiamava chiaramente la sua precisa responsabilità per l’omicidio di Uria e l’adulterio con Betsabea. Schiacciato dall’evidenza il re confessa la sua colpa: «Ho peccato contro il Signore». Alle parole, si aggiunge il profondo pentimento interiore che lo stesso re canterà nel celebre Salmo 50, il «Miserere». Nonostante il grave peccato, visto il pentimento sincero, il Signore lo perdona e gli risparmia la vita. Storie di ieri e di oggi. Dio, ricco di bontà, si arrende dinanzi alla presa di coscienza seria, vera e profonda del pentimento del peccato da parte dei suoi figli, purché la nuova condizione di perdonati diventi un impegno stabile di vita e non si giochi con la misericordia di Dio. P. Angelo Sardone