138. «Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,15)

La semina del mattino
138. «Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap 3,15). Mi ha fatto sempre molto pensare e talora anche spaventare l’affermazione di Cristo, «Amen del Padre» diretta ai cristiani della Chiesa di Laodicèa, una opulenta città ad oriente di Efeso, centro di commerci e di banche. Il tenore del testo è rigoroso e giudiziario: il Signore conosce le loro opere, cioè la manifestazione concreta della fede, le azioni ed i comportamenti sociali e morali e li distingue sul piano analogico del freddo e del caldo. I due elementi atmosferici fanno riferimento ad un rifiuto tassativo di Dio e della sua Grazia o ad una convinta loro accoglienza manifestata con un’autentica e non superficiale conversione. A queste due categorie viene aggiunge una terza, la tiepidezza che richiama una conoscenza del Vangelo, ma esprime un asservimento pauroso e vile al mondo ed alle sue trame. Ciò si manifesta con assenza di zelo ed entusiasmo, facili e convenienti compromessi. Il Signore chiede invece un fervente impegno, serio e deciso nel praticare la vita di grazia, dando un taglio a tutto ciò che è passato e pagano, senza accontentarsi di indugiare in una situazione che sembra in bilico, ma è fortemente protesa alla negatività. Il giudizio divino ha una conclusione impressionante: «visto che sei tiepido, cioè né caldo e né freddo, comincerò a vomitarti dalla bocca!». O si brucia di amore convinto per il Signore accogliendo le sue indicazioni di vita, o si è freddi e riluttanti, addossandosi nefaste conseguenze. Non ci sono mezze misure. C’è troppa leggerezza, incauta e pericolosa! L’indifferenza e la tiepidezza sono peggiori di un netto rifiuto. P. Angelo Sardone