1424. «Ora, voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme»

La semina del mattino
1424. «Ora, voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme» (Gc 5,1).

L’autore della lettera, rivolge una dura requisitoria alle persone ricche, che, a suo dire, si permettono di fare progetti grandiosi e ben dettagliati, senza tener conto della trascendenza di Dio e si chiudono in una forma di immanenza come se tutto dipendesse da loro. La loro pecca è di chiudersi in un orizzonte solamente umano. Dinanzi a questo viene messo ciò che essi escludono, la fine della vita, l’ultimo giorno, il giorno del giudizio. Tutta la ricchezza, oro, argento indumenti, non avrà molto da vivere perché è marcia, corrosa dalla ruggine e mangiata dalle tarme. Sembrano riecheggiare le espressioni stesse di Gesù quando affermava che per questi ricchi non c’è posto nel Regno dei cieli (Lc 6,24). La vanità e l’immoralità di certa ricchezza, sbarra inesorabilmente le porte della salvezza, soprattutto quando non sono salvaguardati i valori più naturali della giustizia, a partire dalla tratta del salario dovuto agli operai. È opportuno comprendere che la secca condanna non è per il ricco in quanto tale, ma per colui che dà una importanza fuori del normale alla sua ricchezza. Ruggine e tarme richiamano ricchezze effimere che non durano. Non si deve rinunziare alla ricchezza quando questa è frutto dell’impegno delle proprie mani e dell’ingegno umano. Ma essa diventa un cespite di rimprovero e risulta vacua quando si ritorce in un calcolo egoistico che chiude la porta alle esigenze dei poveri e pensa solo al personale guadagno. Vivere in sobrietà e sapersi accontentare di quello che si ha costituisce un’ottima propedeutica a dover lasciare tutto alla fine della vita. P. Angelo Sardone