1442. «In questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io»

La semina del mattino
1442. «In questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo comanderò io» (1Re 17,1).

Col capitolo 17 del Primo Libro dei Re e l’annunzio della grande siccità, comincia il ciclo biblico di Elia, il grande profeta del Vecchio Testamento che tanta rinomanza riscuote anche nel Nuovo dove viene spesso citato. Con la morte di Salomone, figlio di Davide, avvenuta intorno al 931 a.C. il regno si divide in due parti: il nord con 10 tribù ed il sud con due. L’opera letteraria dei due Libri dei Re, in effetti costituiscono un tutt’uno nella Bibbia ebraica e contengono tutte le vicende relative alla storia ed alla vita di entrambi i regni. Nel racconto si distinguono cicli diversi, compreso quello di Elia detto il Tisbita, perché nativo di Tisbe in Galaad, e probabilmente è il frutto di una sua biografia. Il grande profeta si colloca all’interno di un progetto divino, che lo vede protagonista nelle vicende con il re Acab e maestro di Eliseo il profeta che penderà il suo posto. Gli anni della siccità si riferiscono al Regno di Acab (873-853). Elia, il cui nome evoca i nomi di Dio, El che sta per Elohim, e Ja che sta per Jahwé, manifesta con i prodigi che il Signore gli dà da compiere, la potenza assoluta di Dio sugli dei e sui culti pagani. La siccità, durata per tre anni, era la punizione di Dio nei confronti del popolo che aveva accolto l’insediamento del culto di Baal. Situatosi presso il torrente Cherit al di là del Giordano al profeta non mancò da mangiare il pane e la carne portata dai corvi e l’acqua da bere. Le sue gesta sono tuttora mirabili per la fiducia che egli ha in Dio e per il coraggio col quale non si china dinanzi al potere umano ingiusto e voglioso. P. Angelo Sardone