1446. «Sono pieno di zelo per il Signore… Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita»

La semina del mattino
1446. «Sono pieno di zelo per il Signore… Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita» (1Re 19,14).

Il cammino di Elia non si ferma al Carmelo e trova nel monte Oreb il luogo dell’incontro con Dio. Il profeta avverte la stanchezza della lotta continua con la perfida Gezabele ed umanamente sente il desiderio di morire. Il Signore ha altri progetti: lo fa rifocillare con focacce ed acqua portati da un angelo e lo fa avviare con un cammino di quaranta giorni e quaranta notti verso il suo monte. La caverna diviene il misterioso luogo di riparo e d’incontro. Il Signore gli passa accanto con alcuni segni: un vento impetuoso e gagliardo, un terremoto, il fuoco ed infine il mormorio di un vento leggero. In esso il profeta percepisce la presenza reale di Dio che gli chiede esplicitamente cosa stia a fare lì. Elia risponde con la piena e responsabile coscienza della sua identità e della sua storia: «sono arso di zelo per il Signore e sono solo». Gli Israeliti che hanno abbandonato l’antica alleanza lo vogliono uccidere. I suoi interventi danno fastidio perchè richiamano alla purezza dell’impegno nella risposta di fedeltà ed amore a Dio. Alla naturale delusione e stanchezza dovuta ai continui soprusi subiti, fa seguito l’affermazione decisa della sua condizione di profeta, autentico porta-parole di Dio, dotato di una forza misteriosa che sorregge la sua predicazione e le sue azioni. Tale è e deve essere il comportamento dell’uomo di Dio che non può tacere dinanzi ai soprusi sempre più evidenti di una società all’insegna dell’utilitarismo efficientista che non guarda più ai reali bisogni dei poveri e camuffa con scelte ovattate di buonismo e falsa carità, interessi di ideologie, e potenti, nascosti e pericolosi manovratori del mondo. P. Angelo Sardone