1457. «Ma ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio»

La semina del mattino
1457. «Ma ora, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano, perché sappiano tutti i regni della terra che tu solo, o Signore, sei Dio» (2Re 19,19).

La sequenza liturgica delle letture presenta oggi Ezechia, re di Giuda (716-687) che si trova in grave difficoltà per via di una lettera intimidatoria a lui pervenuta da Sennacherib re di Assiria. Era un giovane re, appena venticinquenne e si trovò ad affrontare un periodo storico continuamente minacciato dalla potenza straniera. Il prepotente re assiro era deciso a sterminare Gerusalemme. La sua lettera intesa a schernire Dio, spaventare ed intimorire il re di Giuda, viene da quest’ultimo letta e riferita nel tempio direttamente al Signore. La sua accorata preghiera di fede si conclude con la richiesta fiduciosa di un intervento di Jahwé anche perché tutti i popoli ed i regni della terra sappiano che è Lui l’unico vero Dio. La risposta di Dio non si fece mancare attraverso un messaggio di Isaia col quale il profeta manifesta chiaramente lo scherno per il re invasore ed il valore infondato delle minacce assire. In effetti, come si riscontra dalla storia, nel 701 a.C. ci fu un assedio a Gerusalemme ma fu infruttuoso perché, per situazioni diverse, l’esercito assiro forse per una pestilenza fu costretto ad abbandonare la città e riparare con una ritirata. La storia sacra inquadrata in quella sociale e civile riscontra comunque un intervento del Signore che è determinante ai fini della salvezza del popolo, nella misura in cui ci si affida a Lui e lo si invoca come salvatore. Questi parametri devono continuare ad essere presenti nella vita e nella storia di oggi. P. Angelo Sardone