1460. «Un insegnamento veritiero era sulla sua bocca né c’era falsità sulle sue labbra»

La semina del mattino
1460. «Un insegnamento veritiero era sulla sua bocca né c’era falsità sulle sue labbra» (Ml 2,6).

Questa antifona d’ingresso dà il tono alla memoria liturgica odierna che ricorda S. Ireneo di Lione (130-201). Il suo nome significa «pacifico, pacificatore».

Nato a Smirne (odierna Turchia) fu discepolo di S. Policarpo che era cresciuto alla scuola degli Apostoli. Uomo erudito nella cultura classica e filosofica, fu inviato a Lione in Francia tra la popolazione emigrata dall’Asia Minore. Ivi successe al vescovo che era stato martirizzato. La sua testimonianza e la sua predicazione valsero la conversione al Cristianesimo dell’intera città. A detta di S. Girolamo e Gregorio di Tours egli fu martirizzato in una delle sanguinose persecuzioni. Il suo maggior pregio fu il tentativo di elaborare una sintesi globale del cristianesimo primitivo in un periodo storico nel quale si facevano strada eresie diverse. Mettendo insieme la fede e l’arte pastorale, uniti alla ricchezza singolare della sua dottrina in difesa dalle eresie, ha lasciato opere di straordinario valore teologico, come l’Adversus haereses, (Contro le eresie) in cinque libri, e l’Esposizione della predicazione apostolica, una sorta di antico catechismo della dottrina cristiana. Nel 2022 Papa Francesco lo ha dichiarato Dottore della Chiesa, con lo specifico titolo di Dottore dell’unità, lui, primo martire della Chiesa a ricevere simile titolo. Il suo nome non è molto diffuso, ma rimane la mastodontica portata dei suoi scritti e soprattutto la testimonianza del suo martirio, degno coronamento ad una intera vita in difesa della verità biblica ed evangelica contro le insidie ereticali di ieri e di oggi. P. Angelo Sardone