1570. «L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente (Sal 41,3)»

La semina del mattino
1570. «L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente (Sal 41,3)».

In questa mirabile espressione del salmo può racchiudersi l’intera esistenza umana di S. Teresa d’Avila (1515-1582), una delle colonne portanti dell’Ordine Carmelitano di tutti i tempi. Dotata di numerosi talenti e di una speciale predisposizione all’amore di Gesù, rimase orfana a 14 anni ed affidata alla comunità delle Agostiniane ad Avila, liberandosi di compagnie leggere e frivole, mise a fuoco la sua vocazione. Superando l’ostilità del padre, a 21 anni entrò tra le Carmelitane nella stessa città. A 39 anni raggiunse la sua «conversione» e di seguito, con l’apporto di validi direttori spirituali, si slanciò nell’arduo cammino della vita ascetica e della perfezione che le fece subito intuire la necessità di riforma del suo Ordine in una clausura più severa, con la mortificazione, nella comunione fraterna e nel lavoro. Giunse subito a 17 nuove fondazioni dette delle Carmelitane scalze. Il progetto si attuò anche nel ramo maschile con la collaborazione di S. Giovanni della Croce con la realizzazione di una Regola comune con le monache, ma senza clausura, per occuparsi dell’apostolato diversificato. Ben presto furono 14 i nuovi conventi maschili. Sopportò imperturbabile le avversità scatenate, quasi un martirio, le fu scongiurato finanche il rogo, con la fede ferma, la sua tenerezza, la numerosa corrispondenza ed un magistero mistico che le permetteva di spiegare la sua esperienza del mistero di amore di Dio con una squisita semplicità. Il 1970 S. Paolo VI la proclamò Dottore della Chiesa rilevando la grandezza e profondità dei suoi scritti pregni di segreti di vita spirituale. Il suo esempio corredato da una scia di uomini e donne sante, continua ancora oggi ad attrarre numerosi fedeli nella vita religiosa e nella vita secolare. Auguri a tutte coloro che portano questo nome e si rifanno a questa mastodontica figura di santa. P. Angelo Sardone