Mattutino di speranza
18 giugno 2020
Gli occhi sono le finestre dell’anima. Da essi traspare l’intimo. Sono organi di senso dell’apparato visivo comuni agli animali ed agli uomini. Percepiscono gli stimoli luminosi esterni e li trasmettono ai centri nervosi che li traducono in immagini. Sono recettori di luce, di informazioni, filtro attraverso il quale passa la realtà esterna per raggiungere il corpo in alcuni punti nevralgici, il cervello, il cuore, lo stomaco, gli arti. Questi organi, così interessati, reagiscono con modalità e ritmi diversi. Con gli occhi in fronte si vede ciò che sta fuori di noi. Con gli occhi del cuore si scorge e si penetra l’animo, l’intimo, si afferrano i pensieri, si colgono i sentimenti, si legge anche ciò che è nascosto. La rappresentazione iconografica divina spesso è quella di un triangolo con al centro un occhio col quale Dio vigila sulla realtà creata: «l’occhio del Signore è su chi lo teme, su chi spera nel suo amore» (Sal 33,18). La Sacra Scrittura ha una vasta gamma di riferimenti e qualificazioni dell’occhio e degli occhi: “penetranti, di compassione, occhio vigile, occhio che scruta, occhio che piange, che tormenta, occhio superbo, occhio invidioso, cattivo, contento”. Gli occhi esprimono e sintetizzano la gioia, prima ancora del sorriso, il dolore e la sofferenza prima ancora del pianto. La letteratura sapienziale afferma che «l’occhio desidera grazia e bellezza» (Sir 40,22), «ammira la bellezza del candore di Dio e il cuore stupisce nel vederla fioccare» (Sir 43,18). Ogni cosa, infatti ha in sé una bellezza, ma non tutti riescono a vederla. Gesù definisce l’occhio “lampada del corpo”, ed annota le sue caratteristiche: se «l’occhio è semplice, anche tutto il corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il corpo è tenebroso» (Lc 11,34); se è di scandalo bisogna addirittura cavarlo (Mt 5,29). Chi pretende di vedere una pagliuzza nell’occhio dell’altro, non si rende conto che, iperbolicamente, ha una trave nel suo (Lc 6,41). Componente essenziale dell’occhio è la pupilla, il foro centrale dell’iride, porta d’ingresso della luce all’interno del bulbo oculare: si dilata per ricevere maggiore luce; si restringe in presenza di molta luce. Il Signore custodisce i suoi eletti come la pupilla del suo occhio (Dt 32,10 e Sal 17,8). Prodotto tipico degli occhi sono le lagrime che sgorgano e irrigano le guance e le gote. Sono lagrime di dolore quando esprimono sofferenza, delusione, malessere; sono lagrime di gioia quando esprimono la contentezza, l’appagamento. La recente pandemia, ha imposto per necessità di salvaguardia dal contagio virale, l’utilizzazione della mascherina per proteggere la bocca ed il naso. Restano visibili soltanto gli occhi. Anche se il viso e l’identità della persona sono parzialmente velati, rimangono in bella vista gli occhi, guardando i quali si può riconoscere la persona. Gli occhi vedono, parlano, implorano; sono occhi attenti, vispi, gioiosi; ma anche occhi spenti, imploranti; occhi freddi e di ghiaccio; occhi che si abbassano per vergogna dinanzi ad un rimprovero o una colpa, occhi che si arrossano nel pianto, occhi di pudore che generano rossore sul viso; occhi stanchi, delusi, occhi addolorati. Tante volte l’occhio, sia quello naturale che quello spirituale, per malattie congenite o acquisite per l’età, le cattive abitudini, gli incidenti di percorso, ha bisogno del rinforzo delle lenti. Esse rafforzano la capacità di vedere e correggono. Nella dimensione spirituale esse sono la preghiera che è luce, la mortificazione dei sensi che diventa correttivo delle passioni e delle cattive inclinazioni, la Parola di Dio che fa vedere la verità ed orienta il cammino lontano da ciò che è vistosamente male. S. Giovanni apostolo nel libro profetico dell’Apocalisse presenta Gesù con occhi fiammeggianti di fuoco (Apc 2,18) e gli esseri viventi costellati di occhi davanti e di dietro (Apc 4,6-8). Nella sua Prima Lettera, poi, tra le cose del mondo che non provengono da Dio, evidenzia la “concupiscenza degli occhi” che proviene dal mondo (1Gv 2,16). Essa si identifica con la malsana curiosità sia verso il mondo reale che quello della fantasia, a volte in un intreccio sfrenato di godimento sensuale e sensibile, eccedente un sano e naturale approccio, senza alcun frutto spirituale, passando attraverso il desiderio smodato di vedere, sentire, e conoscere tutto ciò che succede nel mondo, avvenimenti segreti, scabrosi. Da questa malattia può liberarci il Signore al quale chiediamo di donarci “occhi limpidi che vincano le torbide suggestioni del male, un cuore puro fedele nel servizio, ardente nella lode”, come canta la Liturgia. Diventiamo tutt’occhi per sapere cosa fare e dove andare e, soprattutto, per vedere le opere di Dio e lodare il suo nome in eterno, perchè chiunque veda le nostre opere buone, glorifichi il Padre che è nei cieli. P. Angelo Sardone.