22 giugno 2020

Mattutino di speranza
22 giugno 2020
La memoria è un archivio nel quale tutto si raccoglie, tutto è conservato. È un nastro o un disco sul quale tutto viene inciso, un libro bianco nel quale tutto si scrive e nel quale tutto si può leggere. Può essere viva o labile, evanescente o scattante, fresca o appiattita. La sua tenuta varia con l’età. Si arricchisce giorno per giorno di contenuti nuovi, di dati che si interfacciano con quelli residenti e li completano, li emendano, li integrano. La memoria è una componente essenziale della vita: un uomo senza memoria è una persona senza tempo, né passato, né prospettive presente, né futuro. Il presente è frutto di ciò che è stato e proiezione di ciò che sarà. La memoria storica conserva gli avvenimenti del passato e nella maniera in cui viene rivisitata e consultata, diventa, come diceva Cicerone, “maestra di vita”. Si dice che gli anziani vivono di memoria. Magari non ricordano quanto hanno fatto oggi, ma tengono a mente ciò che è avvenuto nel passato. Il ricordo, positivo o negativo e la sua riproduzione verbale costituisce per loro non solo un salto nel passato rivissuto con nostalgia ma anche una eredità che si chiama esperienza, da donare a chi è più giovane. Il vettore della memoria è la mente che il grande filosofo Aristotele definiva «tabula rasa in qua nihil est scriptum», ossia una tavola, una lavagna sulla quale nulla è scritto. Con il processo di razionalità, di autodeterminazione e di maturità, un invisibile raggio laser incide puntualmente emozioni su questa tavola, sensazioni, situazioni, elementi di gioia e di dolore, di delusione e speranza, frutto ogni cosa dell’esperienza. Non vi è nulla infatti nell’intelletto e nella mente, che prima non sia stato, che non sia passato attraverso i sensi. Così sentenziavano gli antichi. La mente si arricchisce e deposita il tutto nella memoria. Il ricordo del passato e la memoria sono un dovere ed una necessità. Un dovere che richiama alla mente la situazione personale carica di responsabilità positiva o negativa che sia, ed anche una necessità per purificare, trasformare, cambiare, guardare avanti. Non sempre l’uomo se ne avvede. Nella vita spirituale la memoria è un deposito costantemente aggiornato di avvenimenti e situazioni di vita che si stabiliscono nei rapporti con Dio, con se stessi, con gli altri. È fonte di contemplazione e ricordo, trasformazione e cambiamento. Attingere ad essa significa dare un senso nuovo e diverso al presente in vista del futuro. Ci portiamo nella mente e nel ricordo della vita passata quello che siamo stati, ciò che abbiamo compiuto nel bene o nel male. Questo peso fa avvertire e provoca tensione, gioia, delusione, disgusto, bisogno di purificazione e desiderio di cambiamento ed infine serenità. Il profeta Davide nel salmo 50, il salmo penitenziale per eccellenza, riproduce la sua situazione passata e la piena coscienza del suo peccato quando afferma: «Il mio peccato mi sta sempre dinanzi… quello che è male agli occhi tuoi io l’ho fatto» (Sal 50, 6). Ri-conoscere il passato significa ricordare, nel senso di riportare alla mente e far emergere tutto ciò che fa parte di un vissuto a volte nascosto o volutamente dimenticato. Una esperienza presente, uno stimolo visivo o uditivo, una sensazione emotiva e spirituale fa ritornare alla mente sensazioni e situazioni pregresse. Un avvenimento traumatico del passato difficilmente viene cancellato fino a quando la terapia psicologica ed umana e la grazia della misericordia divina e del perdono che viene da Dio non agisce radicalmente e può cambiare la vita. L’intervento purificatore, con la collaborazione della propria responsabilità e coscienza personale, è opera della grazia di Dio mediata attraverso la richiesta sincera del perdono con un atto di dolore perfetto, e l’opera sacramentale della riconciliazione. La grazia fa intravvedere le ferite, le lava, le fascia, le sutura e poi come d’incanto esse possono sparire. Fino a quando questo non avviene, si porteranno nella mente, nella coscienza e nel corpo le ferite e le conseguenze drammatiche di pensieri, parole, azioni che hanno reso torbida la vita e l’hanno caricata di pesi gravosi. Il processo di sublimazione è opera di Dio e si realizza attraverso la grazia che fa nuove tutte le cose e cancella le colpe. «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,18-19). Ma è anche affidato alla responsabilità singola, responsabilità sempre attuale, che può determinare la qualità nuova della vita. S. Giovanni Paolo II a conclusione del secondo Millennio, in un clima di revisione penitente degli errori della storia, nella Chiesa e nella Società, delle colpe e responsabilità personali e comunitarie, più volte parlava di “purificazione della memoria”, indispensabile per andare avanti con maggiore fiducia in Dio ed in se stessi. La memoria è uno scrigno prezioso e carico. Le chiavi sono prima di tutto nelle nostre mani. Se poi diamo la possibilità a Dio attraverso la mediazione del sacerdote, guida, fratello e medico dell’anima, consegnando a lui le chiavi della nostra anima ed accompagnandolo nel cammino di scoperta di noi stessi e di introduzione nella coscienza, gli permetteremo di aprire il forziere nascosto nell’intimo di noi. Sarà lui il primo a rimanere incantato dinanzi a tanta preziosità nascosta agli occhi degli altri, gioielli e diamanti di valore insigne, ma scorgerà anche contraddizioni, lacerazioni, ricordi ingialliti, vecchie cose che provocano solo putridume e fetore e che devono essere asportate. La grazia sacramentale ed il suo farsi carico delle nostre sofferenze e miserie permetterà a ciascuno di non sentirsi solo, ma di essere accompagnato più speditamente nel cammino verso Dio, che comincia da un serio e deciso cammino dentro di noi. P. Angelo Sardone