La semina del mattino
244. «Venite, ostacoliamolo quando parla, non badiamo a tutte le sue parole» (Ger 18,18).
La vita e la missione dei profeti è stata sempre ostacolata dall’incomprensione e dal rifiuto del popolo. Anche nei momenti propizi, ogni loro parola era passata al vaglio ed era difficile che, soprattutto dinanzi a vistose evidenze di peccati e di rilievi morali e comportamentali segnalate da Dio, il popolo li accogliesse di buon grado. Per alcuni poi la sorte segnata era negativa e proporzionata all’investitura ricevuta da Dio col conferimento di un incarico poco esaltante e zeppo di responsabilità. A volte la loro vita era il paradigma di una situazione concreta storica ed esistenziale attraverso la quale il Signore delineava gli elementi della salvezza. Tra tutti i profeti si distingue particolarmente Geremia (650-587 a.C.), celebre per le sue lamentazioni, passate alla storia come “geremiadi”. Si tratta di interventi che potevano risuonare disfattisti, pessimisti quanto mai, testimonianza commovente di cenni biografici sparsi in tutto quanto il suo libro. La sua parola risuonava dura agli orecchi del popolo e non poteva essere diversamente perché era concreta e si proiettava in situazioni che puntualmente si verificarono come eventi storici. «Noi vogliamo seguire i nostri progetti», era una delle risposte ricorrenti dinanzi alle calamità paventate dalla Parola imposta da Dio. Gli attentati erano frequenti, uniti a tanti ostacoli posti non solo nella ricezione, ma anche nell’impedimento ad una predicazione accorata e mesta, di vera cura. La drammatica esperienza del profeta continua ancora oggi laddove con facilità si accoglie e si osanna il profeta accomodante e si rifiuta e si fa guerra a chi con coraggio proclama una parola ferma che induce al pentimento e che salva. P. Angelo Sardone