La semina del mattino
537. «Àlzati, amica mia, mia bella, e vieni, presto!» (Ct 2,10).
La Bibbia contiene un minuscolo e famoso libretto usato dalla liturgia ebraica dopo l’VIII secolo, che canta in forma poetica l’amore tra un amato e l’amata. Non parla di Dio ed usa termini e linguaggio di un amore passionale. Ha un valore allegorico perché in esso si canta l’amore di Dio verso il suo popolo Israele, simile a quello che esiste tra due sposi, e, più precisamente in epoca cristiana, il matrimonio di Cristo con la Chiesa o l’unione dell’anima con Dio, propria dei mistici. La liturgia stralcia una breve pericope, un capolavoro lirico, collocandolo nel contesto della preparazione al Natale. Dio ama intensamente il suo popolo per il quale è uno sposo che va incontro alla sua sposa percorrendo un cammino accidentato. Un’atmosfera di gioia tipica della primavera, fa da corredo al testo conferendogli un alto tono di festa. Nel mistero del Natale, entrando nel mondo Dio continua a cercare l’uomo, come fa l’amante con l’amata, lo sposo con la sposa, con il dolce ed intenso invito: “Alzati, mia bella e vieni!”. Si intrecciano i simboli della natura vegetale ed animale: la primavera e l’inverno; la colomba, indice di fedeltà e fecondità e la gazzella, mobile ed elegante, che corre per prati e salta per i colli. Il tutto in una espressione di comunione, passione ed amore. La poesia biblica tocca qui un vertice significativo di intensità di amore che nel corso del tempo è stato fatto proprio dai mistici che conoscevano bene il libretto e lo applicavano alla loro personale esperienza. P. Angelo Sardone