591. «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo; benedetto l’uomo che confida nel Signore» (Ger 17,5-7).
Spesso nella letteratura biblica, la vita del profeta viene presentata come un segno. Geremia lo testimonia largamente attraverso i ricorrenti riferimenti registrati nel suo libro. Dopo avere annunciato il ritorno dei dispersi di Israele e la conversione delle nazioni, non esita ad evidenziare le colpe di Giuda e tra le varie sentenze di saggezza ne proclama alcune molto forti e molto attuali che si riferiscono all’uomo. Da parte del Signore che parla, riferisce che l’uomo che confida nell’uomo, cioè in se stesso e nelle sue capacità allontanando il suo cuore da Dio, è maledetto! Al contrario è benedetto colui che pone in Dio tutta la sua fiducia. I risvolti esemplificati dalle immagini agreste sono evidenti: il maledetto è come un tamarisco nella steppa, destinato a vivere nell’aridità; il benedetto è come un albero che protende le sue radici verso le correnti d’acqua e produce molti frutti. Aldilà delle beatitudini che sono “promesse paradossali che, nelle tribolazioni sorreggono la speranza e annunziano le benedizioni e le ricompense” (Catechismo della Chiesa cattolica, 1717), colpiscono i ripetuti “guai” che altro non sono che un grido di sveglia a chi è assopito o dorme tranquillo nella leggerezza della propria vita e nella falsa sicurezza della salvezza. Questo grido ha bisogno anche oggi di essere ripetuto con chiarezza non per rimproverare o giudicare, ma per svegliare tanti cristiani intorpiditi nelle false certezze di salvezza dovute ad illusione di facile redenzione senza sforzi ed accomodante. P. Angelo Sardone