La semina del mattino
707. «Il dio che risponderà col fuoco è Dio!» (1Re 18,24).
Il ciclo narrativo e carismatico di Elia ha nell’episodio del sacrificio sul monte Carmelo un punto nevralgico. La forte opposizione del re Acab si rende ancora più monolitica col supporto dei profeti di Baal, in un numero straordinariamente elevato, che si contrappongono al profeta Elia che invece conta sul solo Dio vero. Il popolo, come sempre, è un po’ ballerino e scettico: non sa a chi credere perché non sa bene che cosa effettivamente gli convenga per una fede non del tutto cristallina e perseverante. La convocazione al Carmelo diviene un vero e proprio atto di sfida della fede. Il profeta è sicuro di Dio e sa bene che non sarà abbandonato in questo terribile momento di prova. Il patto è chiaro: si viene a contesa; da una parte Elia, rimasto solo come profeta, dall’altra i 450 profeti di Baal e i 400 di Asera. La sproporzione è evidentissima e non si accorda umanamente alla più pallida idea di vittoria. Eppure la cosa va al contrario, perché dietro il profeta c’è Jawhè che funziona, cioè opera efficacemente contro la menzogna dei Baal. Ciò che rende efficace il tutto è la grande fede del profeta. La sfida si compie e nonostante i tanti litri di acqua versati sul giovenco squarciato ed esposto su una pila di legno, le invocazioni agli dei, le incisioni di sangue sul proprio corpo, gli 850 profeti non riescono ad ottenere alcun risultato perché il dio o gli dei che invocano sono un nulla. Il fuoco del Signore invocato da Elia in un attimo brucia e consuma tutto. Jahwè è davvero efficace perché è il vero Dio. P. Angelo Sardone