La semina del mattino
84. «Vanità delle vanità: tutto è vanità!» (Qo 1,2). Nel III secolo a.C. un autore ignoto del Vecchio Testamento, attribuendosi il nome di Salomone, il re sapiente per eccellenza, come era costume fare per dare consistenza autorevole al testo scrisse il Qoelet, secondo lo stile sapienziale, col quale esplora i vari aspetti della vita dell’uomo. Lo enunzia sin dall’inizio, ed alla fine conclude che «tutto è vanità», un termine ripetuto ben 38 volte nei 12 capitoli che compongono il libro, con molti sinonimi negativi. Proverbi popolari e detti formulati dal comune buonsenso sono sottoposti ad una severa critica intellettiva ed esperienziale. Tutto sembra un’illusione, il mondo è privo di speranza, mancano le certezze; il ritmo del mondo e della vita è un susseguirsi monotono di illusioni e delusioni, tutto è vuoto, se non assurdità. La sofferenza è compagna dell’uomo dagli albori della vita fino alla vecchiaia. Sembra una lettura pessimistica, deludente della storia e della vita senza sprazzi di luce. Le cose che esaltano e diffondono luce sono i piaceri, senza negare nulla agli occhi ed al corpo. Ma nonostante tutto, non c’è guadagno e tutto è un correre dietro il vento. L’influenza operata da questo testo su pensatori, letterati ed artisti è stata notevole soprattutto in alcuni particolari tempi della storia e del pensiero. Al pessimismo, talora affermato come realismo assoluto, si contrappone, l’ottimismo che nasce dalla fede e dal mistero della vita, della morte e della risurrezione dell’Uomo-Dio che pur assumendo le categorie umane più basse e limitanti, ha esaltato l’uomo conferendogli la dignità di figlio di Dio. Ecco perché, come afferma l’Imitazione di Cristo, tutto è vanita, «eccetto amare Dio e servire Lui solo». P. Angelo Sardone