Sintesi liturgica.
XXVIª domenica del Tempo ordinario.
La disquisizione sulla rettitudine o meno della condotta di Dio, è chiarita dal Signore stesso. Ciascuno è responsabile delle sue azioni: il giusto che commette peccato e muore, muore per ciò che ha fatto. Il malvagio che si ravvede dal suo comportamento, vive. La parabola dei due figli inviati al lavoro nella vigna, realizzato da chi non ne aveva voglia e poi è andato e disertato da chi aveva dato l’assenso, dimostra che la salvezza appartiene a coloro che, come le prostitute ed i pubblicani, credono in Dio, al contrario di chi, benpensante e fedele, non si pente e non crede. L’esempio più luminoso è quello di Cristo che si è svuotato del suo essere Dio, ha assunto la natura umana umiliandosi ed annientandosi nella morte ed ha meritato l’esaltazione, il tributo di onore ed il titolo di «Signore». P. Angelo Sardone