La semina del mattino
1530. «Nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro» (1Cor 3,21).
Ultimando la sua catechesi sulla vera funzione dei predicatori, Paolo distingue tre categorie di predicatori: quelli che costruiscono con solidità ed il frutto del loro lavoro regge bene; quelli che gettano le fondamenta adoperando materiali che non resistono alla prova del fuoco e quelli, infine, che demoliscono. Coloro che usufruiscono della predicazione devono dunque essere superiori ad ogni forma di attaccamento a chi gliel’ha proposta. Il modo di fare e di dire nelle antiche comunità rivendicando l’appartenenza a questa o a quest’altra persona, sia che si tratti di Paolo che di Pietro, che ancora di Apollo che non rientra nella categoria degli Apostoli, deve essere confutato e rivoltato. Non si tratta di appartenere a quegli uomini, in quanto sono proprio loro ad appartenere a chi è evangelizzato, proprio perché sono servi della Parola ed a servizio del popolo. Bisogna essere di Cristo come Egli è di Dio Padre. Probabilmente nelle nostre Comunità siamo ancora ben lontano da questi traguardi per responsabilità comuni e proprie sia dei predicatori che di coloro che ascoltano. Il servo della Parola rimane tale, a servizio della Parola e non delle proprie convinzioni e supposizioni che talora possono creare solo confusione o accoglienza della durata di un entusiasmo fugace ed evanescente. Gli ascoltatori sono naturalmente influenzati da chi porge la Parola, dal suo modo di comunicare, perché questa è una vera e propria arte pastorale. Devono saper ascoltare e sforzarsi di mettere in pratica soprattutto quando il tenore è piuttosto serio e talora anche duro. In questa maniera elimineranno da sé lo stucchevole, effimero ed inefficace entusiasmo determinato da parlatori garruli e sapranno ben distinguere se la Verità viene dalla Fonte o è frutto ricercato di autoreferenza. P. Angelo Sardone