La semina del mattino
1546. «Seguimi, cioè imitami!».
Con questa singolare espressione S. Beda il venerabile commenta la festa odierna dell’evangelista ed apostolo S. Matteo. Egli stesso racconta la storia della sua chiamata (Mt 9,9-13) in maniera essenziale, ripresa anche da Luca (Lc 5,27-32). Faceva parte di una categoria di persone, pubblicani e peccatori che non avevano certamente una vita esemplare e non solo in fatto di inosservanza delle leggi riguardo all’impurità. Era nativo di Cafarnao, esattore delle tasse per conto dei Romani ed in odio ai suoi correligionari. Il suo nome era Levi, e certamente, per il cambiamento radicale di vita, lo trasformò in Matteo che significa «dono di Dio». Gli bastò lo sguardo nello stesso tempo misericordioso e penetrante di Gesù passatogli accanto e l’ingiunzione di seguirlo, a fargli immediatamente abbandonare tutto, telonio, denaro e stile di vita, per seguire il Maestro. Per manifestare l’immediata sua conversione e comunicare la volontà di seguire Cristo, organizzò un banchetto aprendolo ad un gran numero di pubblicani e pubblici peccatori. Il suo Vangelo, il primo dal punto di vista cronologico, è il più lungo, 28 capitoli, scritto in aramaico e poi tradotto in greco, è indirizzato ai cristiani di origine ebraica per dimostrare come Gesù, il Messia, con i suoi insegnamenti ha confermato e dato compimento alla Legge mosaica. Si sa poco del resto della sua vita. La sua conversione, legata profondamente alla chiamata ricevuta, adempie pienamente l’intento di Gesù di prediligere i peccatori che si pentono e cambiano davvero comportamento. Il cambiamento non può essere basato solo su un pellegrinaggio o una confessione ben fatta o qualche evento straordinario della vita, ma dopo il primo impulso di conversione, deve essere perseguito durante l’intera esistenza. Non basta solo conoscere Gesù, bisogna disporsi a seguirlo e ad imitarlo davvero; la conoscenza più intensa e profonda verrà nella sequela umile e costante. Auguri ai Matteo, perché siano consapevoli della portata terminologica e teologica del loro nome. P. Angelo Sardone